È disponibile in libreria e negli store online “Arte Contemporanea senza lattosio” (Nino Bozzi Editore) della scrittrice Nilla Zaira D’Urso.

Un libro per riconoscersi, in modo bizzarro e drammatico, nelle abitudini di questo mondo dove si è azzerata la distanza tra noi e un’opera d’arte contemporanea. Si rivolge, in particolar modo, ai frequentatori dei centri commerciali, ai consumatori di cibi fast food, agli intolleranti al lattosio, alle estimatrici di chirurgia estetica, ai nostalgici dello zucchero filato per uno sguardo sul presente. Dagli scaffali di un supermercato alla Nail Art fino alla chirurgia estetica, social compresi, si scoprirà come relazionarsi, con le proprie paure e le proprie ossessioni, alle opere del nostro tempo.

Spiega l’autrice a proposito del libro: «“Arte Contemporanea Senza Lattosio” è una mia visione sul mondo: una sigla per raccontare le abitudini del nostro tempo e un modo per evidenziare quanto l’arte contemporanea sia vicina alle nostre vite e agli scaffali di un supermercato. Ho scritto per la mia necessità di dare forma a una diversa narrazione sull’arte contemporanea fatta di parole, mode, tendenze che sintetizzano il nostro mondo».

Sinossi

Arte Contemporanea senza lattosio è un saggio sugli effetti collaterali e paradossali del mondo in cui viviamo.

Si rivolge, in particolar modo, ai frequentatori dei centri commerciali, ai consumatori di cibi fast food, agli intolleranti al lattosio, alle estimatrici di chirurgia plastica, ai nostalgici dello zucchero filato per uno sguardo sul presente, sul cibo che mangiamo, sui selfie che facciamo e su una certa idea di arte contemporanea.

Si descrivono, in modo bizzarro e drammatico al contempo, le abitudini che scandiscono una parte del mondo: dagli scaffali di un supermercato, alla nail art, fino alle sopracciglia tatuate e ai social per far comprendere quanto la complessità di questo millennio sia pieno di disagi, ossessioni e paure attraverso le quali guardare proprio le opere d’arte del nostro presente.

Nella prima parte si trova l’unica e necessaria introduzione storica a concetti chiave come il ready made con la figura di Marcel Duchamp fino alla presentazione concettuale e storica della formazione dei primi happening e delle prime performance per un racconto iniziale sulle sperimentazioni artistiche agli inizi del Novecento e alla metà del secolo scorso.

Si intende, chiaramente, mettere a nudo il nostro modo di stare al mondo con alcune abitudini che, oltre a codificarci come donne e uomini di questo millennio, si uniscono alle visioni di una certa idea di arte contemporanea.

Infatti, questo saggio si propone di mostrare quanto le continue espressioni delle arti visive del XXI secolo siano dentro alle parole, ai significati, alle mode, alle tendenze, ai profili social, alle nostre ossessioni e negli scaffali di un ipermercato più di quanto si immagini.

Per questo motivo, il lettore non trova tante immagini di opere d’arte ma piuttosto visioni e foto del nostro quotidiano fatto di oggetti imballati, manicure, chirurgia plastica, fette di carne piene di ormoni, selfie, seni siliconati e piatti da chef con l’intento di aprire la strada a una maggiore comprensione sul nostro modo di stare al mondo e su come stare davanti a certe opere di artisti contemporanei.

Nella seconda parte, invece, il discorso si concentra su tematiche legate al modo di vivere come il costante uso dei social e la continua digitalizzazione, da cui viene fuori un diverso modello di arte digitale. Non mancano riferimenti al concetto di “follower” all’espressione “impiattare” – tipico del linguaggio da chef – e all’uso della chirurgia plastica, assunta a modello di lineamenti di visi iconici e siglati.

Così si arriva alla Profilassi ovvero la fine di questo saggio che porta il lettore ad aver già compreso – e magari metabolizzato – quanto l’arte di questo tempo possa essere considerata “senza lattosio”, “senza zuccheri aggiunti”, “senza glutine” e come questo discorso abbia voluto mettere a fuoco l’umanità disumana di questo secolo, fatto di visioni bizzarre e drammatiche. Sopracciglia comprese.

 

Biografia

Nilla Zaira D’Urso è siciliana, anzi etnea. Nasce nel 1983 e crede nel potere delle parole scritte così come in quello delle pietre. La sua vita è un impasto di cibi senza lattosio e senza zuccheri aggiunti. Nonostante sia attratta dagli effetti della tecnologia e della digitalizzazione sulla vita e sull’arte contemporanea, predilige l’odore di resina e quello di salsedine perché in questi profumi trova una connessione reale con la natura e con sé stessa. Si interroga su ampie questioni riguardanti l’arte contemporanea e il nostro modo di stare al mondo con la costante ansia di capire come riconciliarsi proprio con la Natura in modo spirituale.

Ha ideato la prima residenza artistica sull’Etna come un “rifugio per l’arte contemporanea” per artisti e studiosi. Nasce così Nake residenza artistica. Vince il Premio Etna Responsabile 2015. Nel 2017, è invitata nella Sala Zuccari, Senato della Repubblica, come critico d’arte. Scrive per artisti italiani e stranieri.

Dal 2019, è autrice per Juliet Art Magazine, versione online. Lettrice onnivora. Ama leggere di tutto ma a tavola è selettiva. Si fa prima a chiedere la lista di ciò che mangia.

Crede al potere fecondo dell’immaginazione ed è continuamente attratta dagli studi neuroscientifici e dalle scoperte astrofisiche.

Trova nell’arte contemporanea un’enorme possibilità per vedere oltre il buio opaco del presente.