Il primo piatto in una tavola sempre ben allestita “comanda” sempre l’intero pasto, una volta durante i pranzi per matrimoni , comunioni e varie era d’obbligo il doppio primo con tanto di consommè preparatorio, ma a quest’ultima pietanza dedicheremo un altro spazio gustoso.

La voglia di mangiare tutto o meglio l’indecisione che ci prende quando ci portano un menu dovendo scegliere il primo piatto , ha convinto alcuni chef nel proporre una variante del primo piatto : il famoso “assaggio dei primi “o “menu’ degustazione”, ma iniziamo dal numero di assaggi . Credo iche il numero migliore sia di due  , poichè se fossero tre o piu sarebbero assaggini e con una forchettata non si avrebbe neanche il tempo di gustare la variante del piatto , poi c’è il problema dell’accoppiamento dei colori , tutto bianco o tutto rosso nel senso con o senza sugo ?

Noi abbiamo provato la variante bianca composta da un piatto di semlici fettuccine all’uovo fatte rigorosamente a mano con dei funghi porcini ed una spruzzata di erbe, ovviamente i funghi devono essere freschi , al palato devono mostrare sapore e consistenza , altrimenti  ci troviamo di fronte a prodotti surgelati e vi assicuro la differenza si sente, per coloro che si trovassero a passare le Lazio vi consiglio quelle del ristorante di “da Peppe ” sul monte Guadagnolo sono il suo cavallo di battaglia, la variante potrebbero essere le tagliatelle al tartufo e per esperienza personale vi consiglierei quelle del ristorante “Al Monticello” a Monteporzio in provincia di Roma anche se non posso fare a meno di ricordare quelle al tartufo bianco di Aaron Rutigliano e del suo ristorante ” Gola ” a Londra nel quartiere di Fulham.

 

 

 

 

 

 

Ma torniamo al nostro BIS di assaggi, dopo le fettuccine ai funghi o tartufate bisogna passare al secondo assaggio , bene qui bisogna usare il metodo alcolico cioè salire con la gradazione o nel nostro caso con l’intensità del gusto , quindi si è passati al tonnarello cacio e pepe , un must di semplicità e di acume culinario e di gusto, sono semplici ma basta farcirli con una crema di pecorino romano fresco , pepe in grani appositamente schiacciato tutto in poca acqua di cottura che con l’amido contenuto da il corpo alla crema e penso dopo che questo secondo assaggio  si possa …anche evitare il secondo ( cosa che con gli amici Luca e Stefano abbiamo fatto ). Mi ricordo che in un osteria milanese con gli amici Dario e Daniela ci hanno servito la “cacio e pepe” in una forma svuotata di pecorino a mo di insalatiera in alternativa nella ” Tavernetta Umbra” a Roma in pieno centro storico , in un piatto fatto da una sfoglia di pecorino , comunque sia è un piatto semplice ma comunque se ben presentato ha la sua forza.

Per chiedere l’articolo ed il pranzo, vi consiglio di accompagnare il tutto da un buon rosso toscano e per finire direi di chiudere il piloro con una buona grappa morbida , ringrazio il ristorante ” la Parisiana ” ed al suo titolare a Pocca di Papa a cui va parte della responsabilità di questo gustoso articolo

Giorgio Di Marco