Una mostra fotografica e multimediale, La Dolce Vitti, ideata e realizzata da Istituto Luce Cinecittà, che apre al pubblico a Roma al Teatro dei Dioscuri al Quirinale da giovedì 8 marzo al 10 giugno 2018, per la cura di Nevio De Pascalis, Marco Dionisi e Stefano Stefanutto Rosa, racconta le diverse forme di questa presenza, in 40 anni di spettacolo, decine di film, teatro, TV, costume, cultura alta e popolare, e regala le tracce di questo incantesimo.
Mostra – Per raccontare la mobilità inclassificabile e magica dell’arte di Monica Vitti, La Dolce Vitti si snoda in un percorso espositivo multimediale e immersivo, con un andamento cronologico e insieme tematico. Cuore della Mostra sono le oltre 70 magnifiche fotografie provenienti da importanti archivi pubblici, a partire dal grande Archivio storico dell’Istituto Luce, da quello dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, del Centro Sperimentale di Cinematografia, e privati come Reporters Associati, Archivio Enrico Appetito e altri fondamentali fondi come quelli personali di Elisabetta Catalano e Umberto Pizzi.
Immagini spesso rare che toccano 40 anni di carriera ed evoluzioni di un’attrice (e di un Paese che muta con lei). Nella mostra la Vitti si racconta in prima persona, con la sua voce così particolare, ‘sgranata e roca’, attraverso ricordi, riflessioni, brani dei suoi libri. E anche grazie alle testimonianze di ieri – da Alberto Sordi a Ettore Scola, da Dino Risi a Steno – e a quelle di oggi – da Dacia Maraini a Michele Placido, da Giancarlo Giannini a Enrico Vanzina – di chi ha lavorato con lei o l’ha conosciuta.
Le tappe di questo percorso sono: il Teatro, il Doppiaggio, Michelangelo Antonioni, il Cinema Comico e l’evoluzione della Vitti in ‘autrice’, la TV.
Il primo ambiente del percorso accoglie il visitatore con grandi ‘veli’ fotografici e un elemento chiave della Mostra: la voce dell’attrice. Quella voce roca, singolare, così controcorrente rispetto ai canoni dello spettacolo, che è stata una delle chiavi della sua arte. In questo senso l’esposizione si pone anche con un connotato di ‘installazione sonora’.
La sala del ‘Teatro’ ci racconta con straordinarie immagini gli anni dell’apprendistato della giovane Maria Luisa Ceciarelli, nata il 3 novembre 1931, iscritta alla Silvio d’Amico nell’anno accademico 1950-’51, dopo aver compreso, già a 14 anni, che recitare le avrebbe salvato la vita. Una ragazza che spicca per altezza, slancio, e una sincera propensione al dramma e ai tragici. E che un maestro assoluto del teatro come Sergio Tofano riconosce, con due indicazioni contrarie: le dice che è un vero talento comico, e di cambiare nome.
L’avvenire darà Monica Vitti, e una grande attrice (anche) comica. Le foto ce la regalano accanto a mostri sacri come lo stesso Tofano, Eduardo, Albertazzi, Zeffirelli, Orsini, la Pagnani, Vittorio De Sica.
La sala del ‘Doppiaggio’ offre una postazione di ‘video-ascolto’ in cui la voce della Vitti risuona a doppiare il personaggio interpretato da Dorian Gray ne Il grido di Michelangelo Antonioni. È il 1957, e la nascita di un sodalizio, sentimentale e artistico, fondamentale per lei e la sua carriera, e capitale per la storia del cinema. ‘Antonioni mi ha ascoltata vivere’ dice Monica. Insieme hanno dato un pugno di modernità all’arte, in un arco fulminante dal 1960 al ’64: L’avventura, La notte, L’eclisse, Il deserto rosso. Sono fotografie di lancinante bellezza, che stringono un’epoca. L’incomunicabilità, l’alienazione, la crisi dei sentimenti: il moderno nel cinema mondiale è racchiuso qui, in questi film amati, contestati, imitati, divenuti un libro di testo del Novecento. Un altro momento multimediale, un ‘libro espanso’ digitale di testi e immagini da sfogliare, fa entrare lo spettatore più dentro a questa grande storia del cinema.
La quarta tappa tocca il ‘Cinema Comico’. Dopo i fasti, i Festival internazionali, i premi che la consacrano fino in America come la musa del cinema di più impervio impegno, la commedia consegna Monica alla popolarità e all’amore del grande pubblico.
È il 1968 e Monica Vitti, cui tempo prima una maliziosa Oriana Fallaci aveva implorato di spiegarle cosa fosse l’alienazione, esplode come Assunta, una umile figlia di Sicilia sedotta, abbandonata e trasmigrata nella swingin’ London, ne La ragazza con la pistola. È un’epifania, la nascita di una nuova stella, diversa e brillante. Da lì la Vitti diventerà la regina di un genere dominato storicamente dagli uomini. La vediamo recitare a fianco di tutti loro: Gassman, Tognazzi, Manfredi, Mastroianni, in film memorabili di Monicelli, Scola, Risi, Loy, Salce, Fondato, Di Palma. E naturalmente la vediamo a fianco di Alberto Sordi, re della commedia che l’ha eletta per sempre a sua compagna ideale di film, di gioco, in titoli proverbiali come Polvere di stelle, Amore mio aiutami, Io so che tu sai che io so…. Una sorta di ‘corrispondente’ femminile di Sordi. Come per lui del resto, che non è associabile a uno o più registi, le commedie che qui vediamo immortalate appartengono a un genere particolare, non classificato nei libri: sono ‘film con Monica Vitti’. Non solo un’attrice, ma una creatrice dei film che interpreta.
Si giunge così alla tappa che racconta la nuova trasformazione della Vitti, in cacciatrice di progetti, copioni, co-sceneggiatrice, autrice, infine regista. Sono film preziosi come l’amato Teresa la ladra, da un romanzo di Dacia Maraini, per la regia di Carlo Di Palma, o i teneri – da rivedere – Flirt e Francesca è mia, diretti dal compagno, fotografo e regista, Roberto Russo. E quello Scandalo segreto che nell’89 la vede al debutto dietro la macchina da presa.
La Commedia dà alla Vitti l’affetto e l’empatia con il grande pubblico. Con i film di Antonioni compone quell’atlante cinematografico moderno, appassionato, sentimentale, che ci fa leggere quattro decadi di cinema e spettacolo attraverso la voce, il corpo sensuale, lo spirito d’attrice di Monica Vitti. Un atlante reso in senso multimediale da un ‘cubo’ che mostra al visitatore le copertine dei periodici nazionali e internazionali in cui la Vitti per anni ha campeggiato in diverse lingue, insieme a una serie di immagini retroilluminate, e degli speciali artworks che il visitatore della Mostra può portare come souvenir di un mondo variegato.
L’ultimo spazio dell’esposizione regala, grazie ai materiali delle Teche Rai, momenti di un altro ‘genere’ della Vitti: la Televisione. Apparizioni, sketch, interviste-confessioni, mai banali in cui l’attrice ha portato la sua naturale verve e confidenza nelle case di milioni di spettatori.