Alessandro Baricco presenta Palamede, la storia dal 4 al 9 luglio allo Stadio di Domiziano al Palatino per l’anteprima estiva del Romaeuropa Festival 2016, con Valeria Solarino e lo stesso Baricco nelle vesti di narratore. È il secondo appuntamento del progetto Patrimonio storico e creazione contemporanea, realizzato assieme alla Soprintendenza per l’area archeologica centrale di Roma e inaugurato con la mostra Par tibi, Roma, nihil, aperta al pubblico negli spazi del Palatino fino al 18 settembre 2016.
In Palamede, passato e presente, classicità e contemporaneo incorniciano molti conflitti: la lotta per il potere, lo scontro tra achei e troiani, tra Odisseo e Palamede, certo, ma soprattutto tra cultura orale e scritta.
Palamede è un personaggio della mitologia greca, protagonista della guerra di Troia cancellato da Omero nei suoi poemi. La storia di questo personaggio è però giunta fino a noi grazie ai testi, alcuni andati perduti altri poco conosciuti, di molti autori classici che ne decantano la genialità.
Scavando in queste testimonianze come un archeologo, Alessandro Baricco porta alla memoria quest’eroe con la complicità di Valeria Solarino, reinventando il suo spettacolo per gli affascinanti spazi dello Stadio voluto dall’imperatore Domiziano al Palatino.
L’antico edificio è così trasformato in un teatro sacro in cui gli spettatori sono una comunità, la recitazione diviene evocazione, e in cui la storia rivive attraverso i fantasmi delle figure mitologiche che l’hanno abitata. A introdurci in questo universo simbolico è lo stesso Baricco, nelle vesti di narratore, per raccontarci una storia che non può essere recitata ma solo rivissuta.
Figlio di Poseidone, Palamede è ritenuto da alcuni, tra cui Euripide, l’inventore dell’alfabeto greco e della scrittura, oltre che della moneta, della musica, di alcune tattiche militari e, secondo Filostrato, perfino dei concetti di stagione, mese e anno.
Eppure Palamede, grande stratega e capo militare della spedizione greca durante la guerra di Troia fu condannato a morte perché denunciato, ingiustamente, da Odisseo per aver venduto i piani di guerra achei ai troiani. L’eroe venne lapidato e il suo nome cancellato dalla storia.
Quella di Palamede è anche la storia dell’intellighenzia da Omero in poi, con cui la cultura occidentale torna sempre a fare i conti: una storia scritta dai vincitori senza pietà per i vinti, cui è concesso solo l’oblio.
Dalle note di Alessandro Baricco: “Pochi lo sanno, ma Palamede è il nome di uno degli eroi achei che andarono ad assediare Troia. Io non l’avevo mai sentito prima di mettermi a studiare l’Iliade per portarla a teatro, anni fa. In mezzo a tutte quelle storie indimenticabili mi capitò di incontrare la sua. Era talmente pazzesca che l’ho tenuta da parte per anni e poi mi son messa a studiarla sul serio: alla fine ne ho fatto un spettacolo teatrale che ho intitolato Palamede, l’eroe cancellato. L’ho fatto per un teatro molto particolare, l’Olimpico di Vicenza: là dentro era come un orologio che ticchettava senza errori. In teoria era quel Palamede che si era pensato di portare al Palatino. Poi però ho visto il posto: magnifico, solenne, vagamente magico. Ora: io, riguardo a posti come quelli ho una mia idea. Sono come enormi e antichissimi strumenti musicali: non bisogna andare a farci il teatro, bisogna suonarli. Che poi vuol dire partire da come sono fatti loro e cercare di farli risuonare con qualche storia, o visione, o magia.Quindi ecco quello che succederà: porteremo la storia di Palamede nello Stadio di Domiziano, e cercheremo di far suonare quei muri. Non sarà come andare a teatro. Oltre tutto, buona parte della gente se ne starà seduta per terra (mi è sembrato il miglior modo di stare là dentro). E comunque cercheremo di recitare il meno possibile. Non so spiegare esattamente perché, ma non è la cosa che mi sembri più appropriato fare, in posti del genereSi tratta di far accadere una storia: è quello che cercheremo di fare. Ci metteremo un’oretta. Lo dico per quelli seduti per terra. Ma poi magari ci piace e ci mettiamo un sacco di tempo in più. Non so. In realtà, penso di non volerlo neanche sapere”.